Sono davvero tanti i simboli che ci legano alle feste natalizie regalandoci un po’ di speranza di un futuro sempre ricco di soddisfazioni. Durante le festivita’ natalizie le nostre case si animamo di simboli e colori, piante e addobbi per festeggiare il Natale. L’albero di Natale e il presepe sono sicuramente i simboli principali di queste feste, sia per commemorare il momento della nascita di Gesu’ Cristo sia per salutare questo periodo dell’anno con calore e affetto da trasmettere e offrire a chi amiamo. Affetto che poi, nel tempo, si e’ soliti a manifestare sia attraverso lo scambio di regali e auguri sia condividendo i momenti di allegria attorno a una tavola imbandita. L’allestimento del presepe e’ per molti non solo una tradizione da onorare, ma anche e sopratutto un arte: nella rappresentazione della nascita di Gesu’ attraverso statuine e allestimenti scenografici di momenti di vita quotidiana, un modo per riportare nelle nostre case la magia di quell’evento. Io conservo gelosamente il presepe di mia mamma che e’ stupendo, pensate che ha piu’ di mezzo secolo, come me! 🙂 L’albero di Natale ha invece una connotazione laica che si fa risalire ai riti pagani del falo’, dei ceppi bruciati per lasciarsi alle spalle il passato e guardare al futuro. E adesso un po’ di curiosita’, prese qua e’ la’, ho fatto rima, 🙂 Parlando di albero di Natale c’e’ una LEGGENDA DELLE PALLE COLORATE: a Betlemme c’era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per Gesu’ Bambino cosi’ ando’ a visitarlo e fece cio’ che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo fece ridere. Ecco perche’ ogni anno sull’albero di Natale appendiamo le palle colorate, per ricordarci delle risate di Gesu’ Bambino. IL VISCHIO: guai a rinunciare al vischio nel periodo natalizio. Questa pianta e’ considerata la pianta propiziatoria per eccellenza: duecento anni prima della nascita di Cristo, i Druidi usavano il vischio per celebrare l’arrivo dell’inverno. Lo usavano per abbellire le loro case perche’ pensavano che avesse dei poteri benefici. Gli Scandinavi pensavano che questa pianta portasse amore: da qui l’usanza di baciarsi sotto il vischio. Oggi la gente lo attacca alle porte come portafortuna. Gli Inglesi, non hanno perduto la tradizione di baciare, il giorno di Natale, baciano parenti e amici sotto il vischio. IL GINEPRO: tra le piante entrate nella tradizione del Natale c’e’ anche il profumato ginepro. La leggenda narra che Maria per nascondersi dai soldati di Erode, si nascose tra una pianta di ginepro. Nella tradizione cristiana il ginepro veniva considerato capace di purificare dai peccati. Questo perche’ era credenza popolare che tenesse lontano i rettili e ne potesse curare il morso. Non mancano le tradizioni legate ad alcuni cibi come arance, mandarini, uva e melagrana, sono frutti tipici dell’inverno ma sopratutto ben auguranti il Natale e il nuovo anno. Nel recente passato, arance a mandarini erano regali particolarmente graditi e non mancavano sulle tavole, erano portatori di abbondanza e solarita’. L’uva non deve mancare dalla tavola del Cenone di fine anno e del pranzo del primo giorno dell’anno: secondo la tradizione popolare porta soldi e ricchezza. E le lenticchie…beh, la lenticchia e’ protagonista, insieme allo zampone, dei cenoni di Fine Anno. Il nome botanico deriva dalla forma a lente del seme. Sono stati tra i primi legumi consumati dall’uomo, ritrovati in Turchia, nel 5500 a.C. e in tombe egizie risalenti al 2500 a.C. Ma sapete perche’ si considera propiziatorio un piatto di lenticchie durante la cena dell’ultimo dell’anno? Si deve questa tradizione all’antica usanza di regalare durante gli ultimi giorni dell’anno, una scarsella, borsa a forma di sacchetto nella quale si conservvano le monete, colma di lenticchie. L’augurio era che ciascuna di esse si trasformasse in monete, portando al destinatario del dono ricchezza e fortuna. Io le mangio anche durante l’anno, ma nulla, non si trasformano in denaro!! 🙂 E parlando di lenticchie
vi scrivo la ricetta delle lenticchie stufate che mia mamma preparava per le feste: ingredienti: 350 gr di lenticchie (capita anche a voi di ritrovarvi tante confezioni di lenticchie durante le feste?)/ 1 cipolla tritata / 2 coste di sedano tritate/ 1 carota tritata/ 2 foglie di alloro/ 400 ml di passata di pomodoro /olio extravergine /sale e pepe Ora fate cosi’ :mettete le lenticchie in acqua tiepida e lasciatele a bagno per tutta la notte. In un tegame fate rosolare nell’olio, la cipolla, il sedano e la carota. Quando sono rosolati aggiungete le lenticchie e le foglie di alloro, la passata di pomodoro e fate insaporire per alcuni minuti. Salate e pepate. Incoperchiate e fate cuocere per circa 1 oretta, devono essere tenere. Si possono mangiare come contorno o se volete preparare un primo insolito ma buonissimo con le lenticchie, andate qua sono i ravioli alle lenticchie, li ho preparati un anno nelle feste e sono piaciutissimi!!!
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Il Pandoro: croissant o nadalin?
Pubblicato 9 dicembre 2013 da LauraOgni anno a Natale faccio un dolce diverso, ho fatto il tronchetto di Natale, il tiramisu’, l’albero decorato e altri dolci semplici; il panettone o il pandoro non ho mai provato a farli, c’e’ un perche’, sono molto lunghi nella preparazione, anzi, tempi lunghi di lievitazione, lo stampo da trovare, ma quello e’ il meno e poi con le bonta’ che ci sono in giro perche’ lavorare cosi’ tanto, ci sono quelli artigianali che sono una meraviglia. Pero’ ho dovuto ricredermi perche’ quello che ho fatto in casa ha un sapore diverso, sara’ perche’ l’ho fatto io, 🙂 ma e’ venuto troppo buono. Certamente non e’ il Pandoro! Adesso vi racconto un po’ di storia: prima vi dico che ho scelto di fare il nadalin perche’ mi sembrava piu’ semplice, piu’ veloce, e poi perche’ avevo lo stampo a stella! 🙂 Il Pandoro come si presenta oggi sulla nostra tavola e’ il risultato di un mix di ricette diverse, perfezionato e reso unico alla fine dell’Ottocento a Verona. In quel periodo i pasticceri viennesi dettavano legge in materia di arte culinaria, infatti nei laboratori di Verona c’erano professionisti austriaci e intanto i pasticceri veneti andavano ad imparare quest’arte a Vienna. Pandoro, ovvero pane d’Oro. Si chiama cosi’ non solo per il colore del suo impasto. Si racconta che nel Cinquecento le famiglie nobili della Repubblica Veneta offrissero ai loro ospiti in occasione di importanti cerimonie dolci simili al Pandoro, dalla forma conica e ricoperti di foglie d’oro zecchino. Diversamente il suo parente piu’ stretto potrebbe essere il nadalin, dolce della tradizione popolare che veniva consumato dalle famiglie veronesi a Natale. Era a forma di stella, come il Pandoro, piu’ basso, veniva decorato in superficie con dadi di dolce secco, pinoli e liquore all’anice. Plinio nel primo secolo dopo Cristo scriveva di un pane preparato con farina, uova, burro e olio. Virgilio e Tito Livio dopo di lui hanno chiamato questo stesso impasto libium. Ma il Pandoro sembra essere anche parente vicinissimo del dolce di Corte di re, regine, principi, principesse e cortigiane, la brioche e del Pane di Vienna. La brioche e i croissant hanno qualcosa in comune con il Pandoro: la ricetta originale della brioche prevede due, tre fasi di impasto con altrettante pause di lievitazione; mentre la preparazione del Pane di Vienna, da cui poi e’ derivato il croissant, prevedeva l’aggiunta di una dose di burro all’impasto. Come la pasta sfoglia, diversi strati di pasta venivano alternati a strati di burro in modo che durante la cottura il dolce lieviti e aumenti di volume. Il Pandoro e’ un misto di ricette diverse, di tradizione popolare, di alta arte culinaria viennese e francese, che lo hanno reso unico in tutto il mondo. Queste curiosita’ le ho trovate leggendo un libro di cucina, Il Natale in tavola. La ricetta invece che vi scrivo l’ho trovata su cookaround, il dolce e’ buonissimo, il nadalin de Verona che non e’ altro che il papa’ del Pandoro di Verona. E’ un dolce che in questo periodo si trova nei panifici e nelle pasticcerie veronesi. Premetto che l’originale, come ho scritto sopra, prevede un ingrediente che io non amo particolarmente, l’anice e che la sua preparazione e’ davvero molto complessa perche’ richiede tre giorni di lavorazione e lievitazione e non meno di quattro reimpasti, ma questa versione casalinga e’ davvero soddisfacente perche’ questo dolce risulta morbidissimo, profumato e meno burroso del Pandoro. Io ho dimezzato le dosi perche’ volevo solo fare una prova, riuscitissima!!! Ingredienti e come fare:
BIGA
50 gr di farina manitoba
20 gr di lievito di birra
40 gr di acqua
Amalgamare e lasciar riposare 1/2 ora
IMPASTO
350 gr di farina
50 gr di burro
50 gr di zucchero
1 uovo
1 tuorlo
10 gr di miele (1 cucchiaino)
sale e aromi (ho messo due pizzichi di sale e la vanillina)
latte qb e noci pinoli e granella di zucchero per la copertura, zucchero a velo.
Fare una fontana con la farina, io preferisco impastare in una ciotola, mettere al centro tutti gli ingredienti e aggiungere la biga.
Lavorare e lasciar riposare
tutta la notte a temperatura ambiente, coperto.
Dopo la lunga lievitazione lavorare, sgonfiare e formare una palla e metterla nello stampo a stella, far lievitare nuovamente, finche’ arriva al bordo dello stampo, piu’ o meno mezz’oretta. Nel frattempo preparate la copertura, io ho messo noci e pinoli tritati e un pochino di zucchero, va bene quello in granella. Spennellate la stella con l’albume e cospargere con la granella preparata prima. Preriscaldate il forno a 200 gradi e mettete un pentolino d’acqua. Quando il forno e’ caldo, togliete il pentolino e mettere il nadalin a cuocere per 30 minuti circa. Una volta sfornato mettete lo zucchero a velo. Ringrazio Emanuela di Verona di cookaround per questa ricetta,
e’ buonissimo!!!Ecco a voi il papa’ del Pandoro!